Francesca Sassu e il suo progetto nocefresca: una casa d’artista in Sardegna | Olianas

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Francesca Sassu e il suo progetto nocefresca: una casa d’artista in Sardegna
a cura di Jessica Cani
Una noce. Un guscio protettivo, un seme, un cuore. È da questa immagine che nasce nocefresca, la casa d’artista ideata e guidata da Francesca Sassu a Milis, piccolo paese dell’Oristanese. Un progetto che si sviluppa attorno al concetto di abitare davvero un luogo, di sentirsi a casa dentro una scelta. E, forse, dentro una visione.
Francesca è nata e cresciuta a Cagliari. Ha studiato scienze politiche, ma fin da subito si è mossa ai margini di quella disciplina, cercando un varco che la portasse verso il mondo della cultura e dell’arte. “Avrei potuto scegliere lettere o l’Accademia di Belle Arti, ma in quel momento avevo bisogno di una strada più aperta, pragmatica. Una strada che mi permettesse di partire”. E così è stato: con un Erasmus a Madrid e una tesi sulle politiche culturali in Italia e Spagna, Francesca ha iniziato a tracciare il proprio percorso ibrido, fatto di studio e osservazione. "Chi lavora nell'arte solitamente è laureato in storia dell'arte o beni culturali", racconta. "Nel mio caso, l'arte è entrata all'interno di un percorso più focalizzato sulle politiche territoriali e di sviluppo”.
Dopo la laurea, arriva il primo vero cambio di passo: un master in management culturale a Rovereto, uno dei pochi in Italia a non richiedere una laurea umanistica. “In aula eravamo in tanti, con background diversi: filosofi, economisti, matematici. È stato lì che ho capito che l’arte poteva essere anche una pratica gestionale, un modo per progettare il mondo, non solo per raccontarlo”.

Le radici del progetto affondano negli anni di lavoro di Francesca nelle istituzioni pubbliche. Per cinque anni segretaria dell'assessore alla cultura del Comune di Cagliari, ha osservato da vicino le frustrazioni di un sistema culturale pubblico spesso paralizzato dalla mancanza di continuità e fondi. "Vedevo progetti che nascevano e morivano nel giro di un mese, artisti che arrivavano, lavoravano sul territorio, ma poi tutto svaniva", ricorda. "Io volevo costruire qualcosa, migliorarla nel tempo, non ricominciare sempre da zero”.
La frustrazione non era solo professionale, ma anche esistenziale. "In generale, lavorare nel pubblico ti fa spesso perdere creatività e interesse", riflette Francesca. “È molto difficile portare avanti progetti che sono stati avviati. Ogni volta dovevo iniziare da zero e questo non solo mi faceva soffrire, ma mi faceva anche perdere motivazione”. Ma c'era un rituale che la salvava, un momento di grazia quotidiana che le restituiva il senso: "Alla fine della giornata venivo qui, era già il tramonto, ma mi bastava quell'ora, quel bagno, per dire che ok, la mia vita aveva senso”. Quel qui è il mare di Cagliari, lo stesso luogo dove ci siamo incontrate in una mattina di luglio per la nostra intervista, godendo del privilegio di poter svolgere il nostro lavoro ovunque.

La svolta arriva grazie a un bando dell'assessorato all'agricoltura che finanziava imprese extraagricole in zone rurali. Un'opportunità che Francesca coglie dopo mesi di riflessione e progettazione, supportata dalla famiglia e dalla determinazione di creare qualcosa di duraturo.
Nocefresca dunque nasce così: da una stanchezza e da un sogno. Da un bagno al tramonto, dopo l’ennesima giornata in Comune. Da un’intuizione nata tra le chiacchiere con il padre e un bando segnalatole dal fratello. L’idea iniziale era più grande di quanto potesse sostenere ma, come spesso accade, è stata la realtà a ridisegnarla, a renderla più solida e sostenibile.
Dopo numerosi tentativi di trovare il luogo adatto vicino a Cagliari, è Milis a rispondere. Un incontro con il sindaco e soprattutto il contatto con Casa Bagnolo, un’abitazione antica ristrutturata con materiali originali e un’identità profondamente legata al territorio. “Ho scoperto solo dopo che l’ingegner Bagnolo, proprietario della casa, sognava un paese pieno di artisti. Era scritto, in qualche modo, quello era il suo destino”.

Per capire fino in fondo cosa sia nocefresca, bisogna partire dall’idea di residenza come spazio sospeso, un luogo dove poter sperimentare senza dover dimostrare nulla. Una residenza d'artista è un programma che offre a creativi (artisti visivi, scrittori, musicisti, performer, curatori…) la possibilità di vivere e lavorare temporaneamente in un luogo diverso dal proprio ambiente abituale, dedicandosi esclusivamente alla ricerca e alla produzione artistica. Il mondo delle residenze d'artista è in continua evoluzione, con nuovi modelli che rispondono alle sfide contemporanee: sostenibilità ambientale, inclusività sociale, accessibilità economica, supporto tecnologico.
Quello che rimane costante è il valore fondamentale: offrire agli artisti tempo, spazio e opportunità per approfondire la propria ricerca in un contesto stimolante e protetto, creando al contempo ponti culturali tra diverse comunità e territori. Quello che rende speciale una residenza d'artista è il suo potenziale trasformativo.
Come testimonia l'esperienza di nocefresca, molti artisti descrivono la residenza come life changing, un’esperienza che va oltre la produzione artistica per toccare dimensioni esistenziali profonde.

Nel panorama internazionale delle residenze d'artista esistono diverse tipologie, ognuno con la sua filosofia, il suo pubblico e le sue promesse. La scelta tra una residenza urbana, una immersa nella natura o una come nocefresca racconta molto degli artisti stessi, delle loro necessità creative e del momento della loro carriera.
“Milano, Torino, New York, Londra. Io non potevo competere con queste città”. Le residenze nelle grandi metropoli sono infatti macchine da networking, ecosistemi dove l'arte incontra il mercato in tutte le sue forme. "Arrivi in città e l'artista viene messo in contatto con galleristi, collezionisti, curatori del settore", spiega Francesca, che ha visitato molte di queste realtà per comprenderne il funzionamento. "C'è un mondo, e quindi l'artista va lì per quello”. Queste residenze attirano artisti che hanno già una produzione solida e cercano visibilità e opportunità commerciali. Sono spazi dove si va per essere visti, per presentare il proprio lavoro a chi può comprarlo, esporlo, recensirlo. L'esperienza artistica si fonde con quella imprenditoriale.
All'estremo opposto ci sono le residenze totalmente isolate: rifugi in montagna, baite nei boschi, strutture in riva al mare lontane da ogni centro abitato. Questi luoghi attraggono artisti in cerca di purificazione creativa, di un confronto diretto e primordiale con se stessi e con la natura. Sono spazi per chi vuole spogliarsi del superfluo, delle distrazioni, delle pressioni sociali, per ritrovare l'essenza del proprio linguaggio artistico.

A differenza di queste residenze artistiche, nocefresca sceglie di stare dentro il paese e della vita quotidiana. "Nella mia idea, l'arte entra in un luogo e può essere una linfa vitale che lo trasforma. Invece, se rimane isolata, serve solo a chi la vive in quello spazio, ma non realizza appieno il suo potenziale”. Ciò che rende unica nocefresca è la sua capacità di offrire solitudine senza isolamento. Gli artisti hanno spazi individuali per la creazione, ma vivono immersi nel tessuto sociale del paese: vendemmiano, raccolgono olive, chiacchierano con le signore del posto, vengono invitati a cena dai vicini. “Questa casa è permeabile. Non è un rifugio chiuso, ma un luogo dove l’arte può diventare relazione. È sempre stato il mio modo di lavorare: creare legami tra artisti e comunità, far sì che lo scambio sia fertile e duraturo. Molti artisti magari non hanno l'auto e quindi fanno amicizia con abitanti e si spostano anche grazie al loro aiuto", racconta.
Questa apparente limitazione diventa forza: costringe all'incontro, alla fiducia reciproca, alla scoperta lenta del territorio. Il risultato è che nocefresca non offre solo un'esperienza artistica, ma un modello di vita alternativo. Gli artisti non tornano a casa solo con nuove opere, ma con una diversa consapevolezza di come si può abitare il mondo. "Il fatto che quello che hanno appreso qui non è solo legato a questo luogo, ma può andare altrove e abitare altri luoghi", osserva Francesca, "va al di là dell'obiettivo che avevo pensato io”. E funziona!

Oggi nocefresca riceve più di 200 candidature l’anno da tutto il mondo. Ogni anno vengono selezionati 42 artisti, divisi tra soggiorni brevi (short stay) e residenze di lungo termine, più strutturate. Gli artisti vengono da Stati Uniti, Canada, Nord Europa, Australia… Paesi dove l’arte è spesso sostenuta da borse di studio pubbliche, oppure dove gli artisti possono permettersi di investire nella propria crescita. Il sostegno economico del progetto arriva proprio da queste quote di partecipazione, che garantiscono a nocefresca una base autonoma e autosostenibile.
“Certo, all’inizio facevo fatica anche solo a immaginare di chiedere un contributo economico. Venivo dal mondo pubblico, dove tutto era gratuito per l’artista. Ma quei modelli si sgretolavano appena finivano i fondi. Io volevo qualcosa che potesse durare”.
Durare, appunto. E crescere. Nocefresca oggi è una casa, ma anche un ecosistema. Ospita artisti, crea relazioni, stimola collaborazioni. Alcuni artisti hanno scelto di tornare più volte, altri stanno cercando casa per trasferirsi in Sardegna. Uno si è perfino sposato dopo aver conosciuto il partner proprio durante una residenza. “Spesso mi scrivono dicendomi che l’esperienza a Milis ha cambiato il loro modo di vivere. È come se qui scoprissero un’alternativa alla frenesia delle grandi città. Uno spazio dove rallentare e ascoltare”.

Oggi Francesca guarda avanti. Dopo aver raccontato il progetto principalmente attraverso i social, ha sentito il bisogno di rallentare anche nel racconto e dare peso e forma al tempo trascorso. È così che nasce Rural Alphabet, un libro che raccoglie opere e storie nate a Milis, ma che parla a chiunque si interroghi sul significato dell’abitare, del creare e del radicarsi. Il libro è costruito come un alfabeto emotivo e visivo, un archivio vivo in cui ogni lettera, ogni parola, ogni immagine restituisce un frammento di relazione tra artista, territorio e comunità. Non è un catalogo e non è un diario: è un gesto curatoriale, un invito a osservare con lentezza ciò che è accaduto – e ciò che continua ad accadere – dentro e attorno a nocefresca.
"Ci sono artisti che alcuni abitanti hanno conosciuto solo per caso, in un bar o in una festa. Altri hanno lasciato un segno silenzioso, che riaffiora mesi dopo in un’opera o in una frase. Volevo che tutto questo potesse essere sfogliato. Che rimanesse”.
Rural Alphabet segna un momento di consapevolezza da cui Francesca parte per immaginare sviluppi più articolati e inclusivi: mostre tematiche, opere commissionate, call dedicate ad artisti provenienti da contesti culturali sottorappresentati. Un modo per allargare il cerchio, restando fedele all’identità iniziale. "Adesso che la struttura è stabile, posso pensare a sviluppi più profondi. Voglio continuare a generare impatti, anche quelli che non avevo previsto. Come cerchi nell’acqua, dopo che hai lanciato un sassolino”.
Nocefresca è questo: un luogo che accoglie e genera possibilità. Una residenza che è anche un modo di guardare il mondo. Un atto di cura verso gli artisti, verso il territorio, e verso un’idea di abitare che oggi, forse, è più rivoluzionaria che mai.
